venerdì 17 febbraio 2012

Unione locale sezione Valdinievole - Pistoia

"La deontologia del Giudice e dell'Avvocato: due etiche a confronto"
 Montecatini Terme 21 novembre 2011
(relazione a cura dell'Avv.  Eleonora Scarpelli)


L’U.G.C.I. Sezione di Pistoia, nel pomeriggio di venerdì 21 novembre 2011, presso il Centro Congressi del Grand Hotel Vittoria, a Montecatini, in collaborazione con il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Pistoia, che ha riconosciuto l’attribuzione dei crediti formativi, e con la scuola di formazione forense “Cino da Pistoia”, ha organizzato il convegno dal titolo “La deontologia del Giudice e dell’Avvocato: due etiche a confronto”.
Con la partecipazione di molti dottori in legge, numerosi avvocati provenienti da ogni parte della Regione e volti noti di autorità dal mondo della magistratura tra cui il Dott. Fabrizio Amato, la Dott.ssa Vanessa Rocchi, il P.M. Dott. Claudio Curreli, il Dott. Pier Paolo Blasi, hanno aperto il convegno sia il massimo esponente degli avvocati del Foro di Pistoia, il Presidente Avv. Gianfranco Bellizzi, sia il rappresentante della magistratura pistoiese, il Presidente del Tribunale di Pistoia Dott. Fabrizio Amato, i quali, ognuno dal punto di vista del proprio ordine di appartenenza, hanno introdotto il tema trattato.
Il primo ha sottolineato come dall’etica nasca l’educazione, il sentire comune, l’adoperarsi nel realizzare un qualcosa per ben operare nell’ambito della società e sentirsi bene con se stessi.
Il secondo ha messo in evidenza l’etica sotto il profilo pubblicistico, affermando che è proprio in virtù del concetto di etica pubblica che i due ceti professionali sono dalla medesima parte poiché tra i due vi è un reciproco confronto (e mai scontro), nonostante si sviluppino in ambiti diversi, dal momento che sono due espressioni del medesimo patrimonio comune che è il diritto.
Il Presidente del Tribunale ha poi ristretto il proprio intervento sul suo Ordine di appartenenza, rilevando che anche la Magistratura ha un proprio Codice Deontologico che impone ai giudici non solo di ESSERE terzi, ma anche di APPARIRE tali, ovvero seguendo norme comportamentali nel rapporto con gli avvocati e le parti che garantiscano detta imparzialità.
Occorre, quindi, continua il Dott. Amato, grande rigore per saper tenere i comportamenti quotidiani propri della funzione super partes che ricopre il magistrato.
Il Dott. Claudio Curreli ha poi proseguito la riflessione affermando che i principi deontologici richiamati dal Presidente del Tribunale sono ancora più fondamentali per il Pubblico Ministero in quanto ha piena indipendenza come status (art. 105 Cost.) e perché svolge la funzione di custode della legge. Gli stessi art. 13 del Codice Deontologico dei Magistrati e l’art. 1 del D. Lgs. 109/2006 in materia degli illeciti disciplinari dei magistrati sanciscono la imparzialità del P.M. nel proprio operato.
Infine, ha concluso questa prima parte del Convegno l’Avv. Iole Vannucci, rappresentante della Scuola di Formazione Forense “Cino da Pistoia”, che ha ricordato come il rapporto tra i due ceti, avvocati e magistrati, debba essere leale, così che la giustizia possa funzionare bene, anche senza l’apporto di numerose e incisive riforme.
La trattazione si è quindi svolta secondo un percorso logico e ben definito.
La relazione del Dott. Adriano Cini, già Presidente di Sezione della Corte di Appello di Firenze, è stata dedicata al quadro normativo di riferimento, ovvero le fonti del diritto della deontologia ed etica del magistrato.
In particolare si è soffermato sulle norme della Carta Costituzionale, ove agli artt. 101 – 104, 54 e 97, ritroviamo il concetto di imparzialità, disciplina, dignità ed onore.
Proseguendo nel quadro storico, la prima norma ad aver fissato i principi deontologici e le relative sanzioni disciplinari a carico del magistrato che non ottempera ai suoi doveri non solo in ufficio, ma anche nel contesto sociale, è stato l’art. 18 della Legge sulle Guarentigie del Regio Decreto Legislativo del 31 maggio 1946 n. 511.
Questi principi cardine sono stati poi raccolti nel Codice Deontologico sopra citato approvato dall’Associazione Nazionale Magistrati e rappresentano quanto prevede il decreto legislativo n. 109 del 23 febbraio 2006 che attua la delega contenuta nella riforma dell’ordinamento giudiziario (legge n. 150 del 2005)
Imparzialità, correttezza, diligenza, rispetto della dignità della persona sono i doveri di coloro che prestano servizio nell’ambito della giustizia.
Il Magistrato si pone, dunque, come uomo che vive nel proprio tempo, poiché è sensibile agli interessi del pubblico.
A salvaguardia del rispetto di detti principi vi è il Comitato tecnico centrale della professione: opera a livello delle candidature stabilendo che il Magistrato deve astenersi dal candidarsi nella politica nell’ambito dell’ufficio territoriale ove svolge le sue funzioni.
Il Dott. Cini ha evidenziato poi le regole comportamentali del Magistrato nell’ambito sia del rapporto con la stampa, ove questi ha l’obbligo di riservatezza derogato solo dalla possibilità di rilasciare dichiarazioni per chiarire eventuali distorsioni che i mass media divulgano, sia del rapporto con la varie associazioni, per cui il magistrato deve evitare di frequentarle quando impongono obblighi di fedeltà che minano trasparenza e correttezza dello stesso.
Il Giudice ha, infine, concluso affermando che i medesimi comportamenti imposti al magistrato devono essere rivolti all’avvocato così che possano collaborare serenamente.
Il secondo intervento, per il quale ha preso la parola l’Avv. Mauro Giovannelli, ha previsto la trattazione della deontologia forense sotto l’aspetto della Legge Professionale di cui al D.L. 1578/1933 convertito nella L. 36/1934, soffermandosi sull’art. 12 (solennità e rilevanza pubblicistica del giuramento dell’avvocato), sull’importanza delle tariffe professionali e sulla soggezione al potere disciplinare degli ordini professionali.    
Attraverso questo excursus storico il relatore ha introdotto le novità legislative attuali che prevedono, tra l’altro, l’abolizione delle tariffe professionali, sostenendo che la ratio legis di dette riforme trova la propria fonte nella legislazione comunitaria.
A tal proposito ha citato: la legge n. 31/1982 attuativa della Direttiva CEE 249/77 che detta norme all’avvocatura per il libero esercizio; il D. Lgs. 96/2001 attuativo della Direttiva 98/5/CE che introduce il diritto di stabilimento degli avvocati nei vari Stati Membri; la Legge 206/2007 attuativa della Direttiva 36/05; nonché la direttiva più importante, quella sui servizi, la n. 123/2003 attuata con il D. Lgs. 59/2010, che liberalizza i servizi e facoltizza le professioni eliminando le barriere e dando rilievo alla libertà di stabilimento dei prestatori negli Stati Membri e la libera circolazione dei servizi (compresi quelli forniti dai professionisti) tra Stati membri garantendone al contempo un’elevata qualità.
Un’altra normativa che ha influenzato le recenti riforme è quella in materia di contratti pubblici, ove nell’allegato 2 del Codice dei Contratti il punto 21 si riferisce ai servizi legali e quindi stabilisce che gli avvocati che offrono servizi legali alla pubblica amministrazione devono essere scelti con i criteri selettivi di cui agli artt. 20 e 27 di detto Codice.
 La preoccupazione del relatore, Avv. Giovannelli, di fronte a suddetti interventi normativi è che in tal modo la portata normativa dei principi deontologici si indebolisca per favore invece la concorrenza, la competitività e, in definitiva il mercato.
Le recenti leggi di riforma degli ordini professionali confermano questo allarme, poiché, in uno con l’eliminazione delle tariffe professionali, non giovano più all’effettività della professione in quanto creano una concorrenza spietata che fa completamente perdere alla professione il profilo pubblicistico per andarsi a porre alla pari di un mero servizio per i cittadini. Questo diventa pericoloso se si considera che la giustizia non è un servizio per il cittadino, bensì un potere fondamentale dello Stato di fronte al quale il cittadino chiede la tutela dei propri diritti ed interessi. Allo stesso modo se sparissero anche l’Albo professionale e gli Ordini verrebbe meno anche il potere disciplinare esercitato al fine di vagliare il comportamento degli avvocati stessi, che sarebbe quindi soggetto soltanto alle norme penali e civili in tema di responsabilità.
Infine, il convengo si è concluso con un animato dibattito che ha confermato l’interesse dei partecipanti sull’attualità del tema.

          Avv. Eleonora Scarpelli
Segretaria UGCI Pistoia-Valdinievole