giovedì 25 ottobre 2012

Dalle Unioni Locali

Incontro regionale Unioni lombarde

 Come ormai tradizione da alcuni anni, sabato 29 settembre le unioni lombarde dell’UGCI si sono date appuntamento per un incontro regionale; questa volta è toccato alla sezione bergamasca, presieduta dal prof. Silvio Troilo, l’onore e l’onere di ospitare i convenuti nella propria sede di via Zelasco (nella zona centrale della Città Bassa).
Come ha precisato il delegato regionale avv. Fernando del Re dando il saputo ai partecipanti, mentre fino allo scorso anno l’incontro era finalizzato allo scambio di conoscenze ed esperienze tra le varie sedi dell’Unione, sempre utile e necessario, nel 2012 si è pensato anche ad approfondire un tema particolare di forte interesse per gli associati e si è raddoppiato l’appuntamento. Così dopo il ritiro spirituale (tenutosi a Pavia lo scorso 3 marzo, con una meditazione di S.E. mons. Giovanni Giudici, vescovo di quella città, e la visita della Basilica di San Pietro in Ciel d’Oro, ove sono custodite le spoglie di San Severino Boezio e di Sant’Agostino), l’incontro di Bergamo è stato dedicato all’approfondimento di un tema secolare, ma di forte rilievo morale: La professione legale: presente e futuro.
L’avv. Ermanno Baldassarre, presidente dell’Ordine degli avvocati di Bergamo, ha introdotto il dibattito con una breve ma appassionata relazione e molti sono stati coloro che hanno voluto prendere la parola nel corso della discussione, a testimonianza della sensibilità dei giuristi cattolici per l’argomento, in una fase storica che appare decisiva per le sorti della figura dell’avvocato e per la stessa visione dell’attività giudiziaria. Tra le diffuse critiche all’attuale tendenza legislativa ad assimilare le professioni, ed in particolare quella forense, ad attività d’impresa e ad introdurre elementi di privatizzazione della stessa funzione giudiziaria (in particolare con la conciliazione obbligatoria), non sono mancate le voci che hanno suggerito un’autocritica della categoria e delle sue rappresentanze (CNF ed OUA) per non aver saputo cogliere tempestivamente le criticità che pure si andavano manifestando nell’evoluzione della professione e formulare proposte adeguate a superarle senza mettere in discussione la peculiarità del ruolo dell’avvocato.
E’ poi intervenuto S.E. mons. Giuseppe Merisi, vescovo di Lodi e consulente ecclesiastico regionale, che ha brevemente rivolto la parola agli intervenuti ed ha poi celebrato la S. Messa presso la vicina Chiesa di San Marco. A seguire un momento conviviale: peccato che le condizioni meteorologiche incerte abbiano sconsigliato la visita della suggestiva Città Alta, che è stata riservata per la prossima occasione.
All’incontro hanno partecipato una quarantina di associati delle sezioni di Bergamo, Brescia, Mantova, Milano e Pavia; tra gli altri, oltre al delegato e al vicedelegato regionali avv. ti Fernando del Re e Riccardo Montagnoli, il vicepresidente centrale e presidente dell’UGCI Milano prof. avv. Gianfranco Garancini, il consigliere centrale avv. Paolo Panucci, il presidente dell’UGCI di Pavia dott. Marco Ferraresi ed il direttore di Iustitia avv. Benito Perrone, nonché, gradito ospite, il delegato regionale del Veneto avv. Sante Pagotto.



Unione di Ravenna
Relazione anno sociale 2011-2012 UGCI sezione di Ravenna
 


L’attività della nostra sezione,  si è aperta con una s.Messa il 26/10, e durante l’omelia ispirata alle Letture bibliche del giorno, p.Massimo ha rilevato come siamo specificamente chiamati ad essere operatori di giustizia, seguendo quei principi che Dio stesso ci dona nella legge naturale, nella legge morale, nella Rivelazione, nella luce del Vangelo, nell’ascolto del Magistero e nell’amore dello Spirito Santo.

La nostra attenzione si è rivolta al pubblico con  un seminario dal titolo “Testamento biologico e DAT fra cura e abbandono: le implicazioni della legge Calabrò in discussione al Parlamento”; erano relatori l’on. dott. Carlo Casini e il dott. Giacomo Rocchi, Magistrato presso il Tribunale di Firenze. Ofriamo un riassunto dei contenuti.
Cosa s’intende per “testamento biologico” e “dichiarazioni anticipate di trattamento”? Quali saranno le conseguenze pratiche dell’approvazione della legge in discussione in Parlamento che potrebbe consentire al paziente di esprimere il proprio orientamento circa eventuali futuri trattamenti sanitari cui lo stesso potrà essere sottoposto? A queste domande hanno risposto in un vivace dibattito moderato dal Dott. Francesco Maria Agnoli, organizzato dalla sezione ravennate dell’UGCI (Unione Giuristi Cattolici Italiani), presso la Sala Cinema Corso, venerdì 20.05.2011 l’On Carlo Casini (storico presidente del Movimento per la Vita) e il Dott. Giacomo Rocchi, magistrato di Firenze, che ha visto la partecipazione oltre che di giuristi, di medici e operatori sanitari. Pur professandosi entrambi di indubbia matrice cattolica, i due relatori si sono confrontati, in quanto rappresentanti di due posizioni antitetiche, quanto alla opportunità di legiferare in materia di fine vita, fermo, dunque, restando il comune condiviso principio della dignità e sacralità della vita e il fine di salvaguardare la vita umana fino al suo termine naturale. La vita come fine, come bene da accogliere e da tutelare, costituisce, del resto, come ha evidenziato il nostro Arcivescovo nel saluto introduttivo, un valore altissimo, che ogni Pastore, come uomo di Chiesa, non può non indicare come vetta cui deve tendere ogni uomo, da cui derivano, poi, come a cascata, tutti gli altri diritti umani. Come è stato, correttamente, ricordato, nel corso dell’incontro, l’idea di proporre un testo di legge sul fine vita è sorto a seguito della triste vicenda ormai nota come “caso Englaro” essendo risultato impossibile impedire la morte della giovane Eluana, a seguito dell’inedito verdetto della Cassazione di accogliere l’istanza del padre in merito alla facoltà del tutore di un incapace di decidere se proseguire o meno trattamenti vitali di nutrizione e idratazione. Proprio per evitare il ripetersi di casi analoghi, una parte del mondo cattolico, fra gli altri l’On. Casini, ha ritenuto che l’unica via fosse la presentazione di un disegno di legge che proclamasse, in primis, che la vita è “un diritto inviolabile e indisponibile, garantito anche nella fase  terminale dell’esistenza” (art.1 del disegno di legge), contro ogni possibile deriva eutanasica, e, per contropartita, trattandosi di un testo che doveva trovare uno spazio di condivisibilità anche da quei settori del Parlamento non cattolicamente schierati, riconoscesse una valenza giuridica alle eventuali disposizioni che un soggetto ritenga di esprimere in merito alla possibilità futura di dover essere sottoposto a trattamenti sanitari, anche quando lo stesso non sia più capace di esplicitarli: ecco cosa sono le “dichiarazioni anticipate di trattamento”. Ma come si distinguono dal testamento biologico? Dal fatto che queste dichiarazione non sono vincolanti, è la risposta: mentre il testamento costituisce una disposizione di volontà del soggetto sul proprio futuro che non può essere disattesa, dunque è vincolante per chi la recepisce, le dichiarazioni avrebbero solo la funzione di far conoscere l’orientamento del soggetto dichiarante, senza che questo possa vincolare alcuno. Ora è proprio su questa sottile distinzione che si gioca la questione: una parte dell’area cattolica, rappresentata fra gli altri dal Dott. Rocchi, ritiene, infatti, che riconoscere valore giuridico alla dichiarazioni anticipate di trattamento, implichi, tout cours attribuirvi valore vincolante, almeno quanto alla possibilità di utilizzarle sia come documento che esonera il medico da ogni eventuale responsabilità penale, a fronte della sospensione dei trattamenti sanitari di sostegno vitale pattuita con il paziente, i suoi familiari o il tutore, sia come documento probatorio della volontà esplicitata dal soggetto da utilizzarsi in un’eventuale azione civile contro il medico o la struttura che voglia disattenderle. In altre parole la facoltà, stabilita dall’art.3 del disegno di legge, per il paziente, di esplicitare la propria rinuncia “ad ogni od ad alcune forme particolari di trattamenti sanitari in quanto sproporzionati o sperimentali” (inserito con il benemerito intento di consentire la rinuncia anche a forme blande di accanimento terapeutico), presterebbe, per color che condividono questo secondo orientamento, il fianco ad una possibile interpretazione della legge che finirebbe per autorizzare la sospensione dei trattamenti vitali di nutrizione e idratazione, e, addirittura, anche per avviare un processo, che peraltro, lo stesso Dott. Rocchi ritiene ormai avviato e  irreversibile, di futura depenalizzazione dell’eutanasia passiva. Al termine dell’incontro, animato anche dalla partecipazione al dibattito dei medici presenti in sala, è apparso chiaro come i favorevoli all’approvazione della legge siano animati dalla convinzione che legiferare in materia sia l’unico tentativo ancora praticabile per arginare la prossima deriva eutanasica, mentre i contrari siano convinti che tale deriva sia, comunque inarrestabile; inoltre, considerata anche la pratica, ormai costante nel nostro paese, di innovazione giurisprudenziale dove sempre più il giudice fa la legge, anziché limitarsi ad applicarla, legiferare sul fine vita comporti sottoporre una materia che dovrebbe essere solo oggetto di “scienza e coscienza” del medico a fredde intrusioni di terzi giudicanti che hanno però la possibilità di sollevare tutti dalle loro responsabilità, contribuendo a una sorta di ulteriore anestetizzazione della società.


Il 13 gennaio  si è svolto un Convegno di studi su “Mediazione, deontologia professionale e aspetti processuali”: relatore il prof. Paolo Biavati.
La sera del 22 marzo p. Giovanni Cavalcoli domenicano ci ha parlato di Diritto tra natura e ragione. Riflessioni sul discorso di Benedetto XVI al Parlamento Tedesco. Eccone un riassunto:
Interrogarsi sul significato di parole spesso abusate, fino alla banalizzazione, quali, giustizia politica, res publica, Stato e di altre, oggi più remote, quali bene comune, diritto naturale e diritto positivo, valori non negoziabili, alla luce della richiesta avanzata da Salomone a Dio (e incipit del discorso pronunciato dal Santo Padre Benedetto XVI il 22.09.11, al Bundestag): “Un cuore docile che sappia rendere giustizia al popolo e distinguere il bene dal male”(1 RE 3,9). Questo il filo conduttore della riflessione di Padre Giovanni Cavalcoli, eminente teologo e filosofo, di origine ravennate, come lui stesso ama ricordare, svolta giovedì 22 marzo presso il Seminario nel corso dell’incontro, organizzato dalla sezione ravennate dell’Unione Giuristi Cattolici. Cos’è la “giustizia politica” se non l’impegno a ricercare nel settore dell’agire umano che concerne la res publica (la cosa pubblica) il bene comune? E cos’è il “bene comune” se non l’insieme dei beni, fini, interessi, valori che riguardano ciascuno dei singoli e il loro insieme (cfr. Gaudium et spes)? Ecco, dunque, delinearsi il compito dei governanti: esercitare la giustizia politica nell’istituzione, promuovere il bene comune nello Stato liberale, inteso, in senso etimologico, come luogo di stabilità, di sicurezza che garantisce la libertà. In questa cornice bene s’inserisce anche il compito riconosciuto al laicato cattolico di “animare evangelicamente la promozione del bene temporale". In questa ottica, lo Stato, seppure essenziale alla stabilità della società come dice il nome stesso, lungi dall’essere visto come una sorta di assoluto (variamente declinato, hegelianamente o, finanche positivisticamente), come ente autosufficiente che trova in se stesso il proprio principio, trova la propria ragione in quanto riferito ad altro, ossia al suo fine che è quello di servire al bene comune. Ma come discernere il bene comune? Qui, a ben vedere, ci possono venire in soccorso, come sempre ci raccomanda il Santo Padre, la ragione e la natura con quelli che un tempo erano più noti come “preambula fidei”: ossia quelle nozioni di bene e di male insite per natura in ogni persona che sono fondamento dell’esistenza umana, del diritto naturale e si trovano, seppure a volte profondamente celati, nella ragione di ciascuno, costituendo il substrato comune a tutti gli uomini, e che, per l’appunto, permettono di trovare uno spazio comune di potenziale intesa sul piano dei valori, fonte ultima del diritto positvo. L’Europa è stata costruita su queste fondamenta, la sua cultura di tolleranza, di attenzione per i diritti umani, frutto felice dell’incontro fra Gerusalemme che reca il Dio d’Israele, Atene che reca la ragione filosofica e Roma che reca con sé le fonti del diritto, attende ancora, nonostante la pesante coltre di nebbia che sembra avere colpito come in un malefico incantesimo noi uomini europei (anche quando dimostriamo di aver dimenticato il significato giuridico e sacramentale del matrimonio), di essere diffusa in tutto il mondo e questo, ci rammenta il Papa e con lui Padre Cavalcoli, proprio per promuovere il bene comune.

L’attività pubblica si è conclusa il 13 aprile 2012, con un convegno su “Il bilancio sociale: cuore e anima delle Cooperative”: erano relatori S. E. Mons. Giuseppe Verucchi Arcivescovo di Ravenna-Cervia e il prof. Mario Mazzoleni dell’Università di Brescia (vedi allegato in pdf).
Abbiamo chiuso l’anno sociale con una s. Messa, in cui il nostro p.Massimo ci ha raccomandato di santificarci nell’obbedienza alla verità con un grande amore reciproco, perché Dio è l’Amore che racchiude e supera ogni altra legge.


Unione di Roma

La solidarietà nel dopoguerra: la Riforma agraria del 1950

Con piacere l'Unione romana comunica a tutti i soci che la serie delle pubblicazioni relative alla giornate di studio che si sono tenute a Roma si è arricchita del nuovo volume "La solidarietà nel dopoguerra: la Riforma agraria del 1950" che raccoglie gli interventi di Giuseppe Dalla Torre, Guido Romanelli, Giuseppe Ignesti, Giovanni Galloni, Riccardo Chieppa, Giovanni Giacobbe e Franca Cammilleri svolti sul tema il 19 novembre 2010 in collaborazione con la Lumsa e presso la sua sede centrale.
Come è noto, la giornata di studio è stata dedicata alla memoria del nostro socio Raffaele Iannotta -Presidente della V sezione del Consiglio di Stato- che ne era stato l'ispiratore così come anche delle precedenti giornate di studio i cui interventi sono stati raccolti nei volumi "18 aprile 1948 un patrimonio comune" del 2008 (contributi di Giulio Andreotti, Giuseppe Dalla Torre, Maria Romana De Gasperi, Raffaele Iannotta, Giuseppe Ignesti, Lucio Migliaccio, Guido Romanelli e Luciano Violante) e "Il Patto atlantico 1949 -2009, imposizione politica o necessità militare?" del 2010 (contributi di Giulio Andreotti, Giorgio Bosco, Giuseppe Dalla Torre, Gianfranco Incarnato, Emanuele Macaluso, Francesco Malgeri, Giuseppe Richero e Guido Romanelli).